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SALUTE FISICA
Donna nel dolore

Sulla base di quanto detto sopra, possiamo stabilire alcuni criteri per l’elaborazione di un giudizio etico serio nel discernimento delle diverse tecniche di riproduzione assistita.

1- Il rispetto della vita umana
Questo criterio di giudizio etico è sempre valido per qualunque azione umana per cui nel considerare le diverse tecniche di riproduzione assistita dobbiamo innanzitutto chiederci se rispettano la vita umana.

Non soltanto della mamma ma soprattutto del più debole, colui che è oggetto di desiderio ma non ha voce in capitolo

Qui ci riferiamo soprattutto alla vita degli embrioni o di feti che risulteranno dalla riproduzione.

Anche l’embriologia moderna accetta che l’embrione sia dal momento della fecondazione un nuovo e unico individuo della specie umana, che si sviluppa in modo del tutto autonomo, grazie alla completa informazione genetica che porta nel suo genoma; e come nel suo sviluppo non ci siano salti di qualità.

 

Una tecnica, dunque, che preveda come parte del suo “iter” la distruzione o la perdita di embrioni, o la loro manipolazione a rischio, o che provochi una quantità di aborti spontanei o di feti malformati è una tecnica che non può essere eticamente accettata.

Non si può provocare la morte di un individuo umano per ottenere un altro individuo umano
Per qualcuno questo non sarebbe un problema etico, in quanto anche dopo la fecondazione naturale avvengono degli aborti spontanei. Ma altro è che qualche male avvenga in modo imprevisto e inevitabile, altro è provocare volontariamente una situazione che necessariamente produce quel male. 

 

L’intenzione di avere un figlio, come è stato detto, è giusta e nobile, ma non è detto che lo sia sempre necessariamente. Il fine di avere un figlio può essere eticamente scorretto quando non si è nelle condizioni di offrire a quell’eventuale figlio ciò a cui ogni essere umano ha diritto in modo fondamentale: di essere procreato, accolto ed educato in un ambiente adatto alla sua normale crescita umana. 

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Morher e Baby

2- Il rispetto dell’integrità psico-sociale del nascituro
Il rispetto del bene integrale di ogni individuo umano è un criterio condiviso. Questo comporta che dobbiamo rispettare anche la sua integrità psico-sociale, l’armonia del suo sviluppo, la sua identità psichica personale e il suo rapporto con gli altri. È chiaro, inoltre, che non siamo tenuti solamente a non recare danno all’altro ora; dobbiamo anche evitare tutto ciò che potrebbe seriamente danneggiarlo in futuro, se lo possiamo prevedere.

Non può essere lecito, quindi, porre volontariamente l'inizio della vita di un bambino in una situazione tale che possa creare in lui conseguenze negative nella sua vita futura.

Con l’utilizzo delle tecnica di riproduzione assistita siamo, quindi, responsabili degli effetti che saranno prevedibilmente causati dalle circostanze in cui avverrà il concepimento, la crescita e l’educazione del nascituro. Bisognerebbe dunque escludere quelle pratiche che possono compromettere seriamente il senso di identità del bambino, o che gli impediranno di conoscere entrambi i suoi genitori e di svilupparsi in un ambiente familiare a congeniale al suo sviluppo.

3- Il rispetto della dignità della persona nella sua origine
Questo è un criterio più difficile di cogliere perché si riferisce ad una realtà meno evidente.

È  possibile, cioè, realizzare delle azioni che non sono rispettose della persona umana, anche se non recano un danno né fisico né psichico all’individuo.

Il rispetto della dignità della persona inizia con il rispetto della sua origine, del modo in cui la persona è venuta all’esistenza. La persona umana non è e non deve mai essere trattata come un oggetto neanche nel momento di volere e procurare la sua esistenza.
La persona deve essere concepita non come un oggetto ri “produzione”, ma sempre e solamente come frutto di un gesto di “procreazione”.

Deve essere sempre “generata”, non “fatta”.

 

Il rapporto tra persone non può mai essere quello del dominio, del possesso.

Ogni persona umana ha una dignità che gli proviene dal fatto stesso di essere persona, in se stessa. Non ci sono persone più persone di altre, più degne di altre. Possiamo comprendere che non può essere degno della persona umana, del nascituro, realizzare la sua esistenza con una azione che consista in un fare, nel produrre una vita umana.

Si producono gli oggetti, non le persone.

La procreazione di una persona umana è il risultato di un agire, non di un fare, da parte dei genitori che si esprimono mutuamente l’amore in un gesto di donazione totale, fisica e spirituale, che pone le condizioni di possibilità per la procreazione.

Questo è il contesto ideale per la nascita di ogni nuovo essere umano.

La realtà non sempre rispecchia questo ovviamente, ma ciò non toglie che non possiamo percepire il figlio come un prodotto, come "quello che volevo", "quello che deve essere...". Possiamo mettere sullo stesso piano il desiderio personale ed una persona?

Il figlio è come un “dono” ed è il frutto di un agire comune, di un gesto di comunione sponsale dei miei genitori, che unendosi si aprono ad accogliere la nuova vita che può arrivare o meno. 
Questo è il modo umano di procreare. 

 

Un criterio concreto per il giudizio etico sulle diverse tecniche di riproduzione assistita consiste nel fatto che la persona umana deve sempre avere la sua origine in un atto sponsale dei suoi genitori; pertanto, la tecnica deve servire ad aiutare non a sostituire il loro atto sponsale. 
Secondo questo criterio, sono eticamente accettabili quelle tecniche che sono attuate come completamento biologico dell’atto umano completo posto dagli sposi nella loro unione coniugale. In questo senso si può dire che l’origine della nuova vita si trova in quel agire degli sposi, in quel gesto di comunione personale che pone le condizioni del concepimento

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